Infanzia violata, il procuratore Di Palma: «Tante le vittime silenziose»
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«Un messaggio non solo di preghiera, ma anche di quella "speranza laica" che è forse il più universale dei significati del Vangelo», è quello che arriva nella Casa circondariale di Catanzaro dove si è recato questa mattina il vescovo Maniago.
L'arcivescovo di Catanzaro - Squillace, monsignor Claudio Maniago, ha fatto visita ai detenuti della Casa circondariale di Catanzaro. Ad accompagnare il vescovo Maniago, l'ispettore generale dei cappellani don Raffaele Grimaldi e dal cappellano don Giorgio Pilò, alla presenza del direttore Angela Paravati e del comandante Simona Poli.
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Nella sala teatro del carcere, circa settanta detenuti hanno partecipato ad un dialogo fatto di domande spontanee e di riflessioni sentite, in un clima informale e semplice, come il messaggio della Chiesa di oggi vuole essere. Un clima che si intuisce già dall'abbigliamento del vescovo Maniago, che non si distingue da quello degli altri sacerdoti e si presenta semplicemente come uomo, in visita ai 'fratelli detenuti.
Incontrando i detenuti, il vescovo Maniago, ha voluto prendere spunto dal Cammino Sinodale avviato da papa Francesco. «La Chiesa – ha detto l’Arcivescovo – non è qualcosa di astratto e tutti noi stiamo qui a dimostrare di essere la realizzazione di questo sogno di Dio che altro non è che una vita nuova del genere umano».
«Una presenza sentita - ha affermato la direttrice della struttura Angela Paravati - in quanto le visite del vescovo nell'istituto penitenziario sono già state diverse in pochissimo tempo, e ciò testimonia una vicinanza dell'istituzione ecclesiastica ad un mondo in cui la sofferenza umana è tangibile».
I detenuti della Casa circondariale di Catanzaro hanno chiesto al presule di portare conforto ai loro familiari, che soffrono per condanne che non hanno personalmente subito e di sensibilizzare la comunità esterna sui risultati a cui possono portare i percorsi rieducativi che si svolgono all'interno del carcere. «Dieci, venti, venticinque anni di carcere possono cambiare un uomo. E questa consapevolezza deve diffondersi all'esterno affinché sia possibile un nuovo inizio».
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Un ulteriore desiderio, espresso dai detenuti, è il ritorno alla «sistematicità delle celebrazioni eucaristiche, a lungo sospese durante la pandemia, ed ora riprese con cautele e partecipazioni ristrette all'interno del carcere». L'ispettore dei cappellani ha invitato i ristretti a «non cercare solo la speranza fuori, ma a farla nascere dentro di loro ricordando sempre che il tempo del carcere è il tempo di Dio».
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