Avvenire di Calabria

Il responsabile del progetto Policoro per la Calabria parla dei primi 25 anni dell'iniziativa avviata anche nella nostra regione

Fratel Caria: «La Calabria è ricca di buone prassi, serve fare sistema»

Diverse le realtà coinvolte nel progetto volto a incentivare l'occupazione nel Mezzogiorno

di Francesco Chindemi

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«La Calabria è ricca di buone prassi, serve solo fare sistema». Ad affermarlo è il responsabile del progetto Policoro per la Calabria. In 25 anni, in pratica fin dalla sua nascita che risale al 1995, il “Progetto Policoro” «ha messo in movimento decine di centinaia di animatrici e animatori di comunità i quali hanno contribuito, spesso in maniera determinante, alla creazione non soltanto di aziende, ma, attraverso piccoli segnali di cambiamento, anche alla crescita culturale in territori particolarmente deprivati di risorse e marginali».


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Più che di risultati, preferisce parlare, «come invita a fare anche il Papa, di processi attivati», fratel Stefano Caria, dal 2019 coordinatore regionale del Progetto Policoro e direttore regionale della Commissione per i Problemi sociali e il lavoro, la giustizia, la pace e la custodia del Creato della Conferenza episcopale calabra. «Possiamo, però, parlare anche di numeri», dice.

E allora, ci presenti questi numeri.

Eccoli: sono stati avviati in tutta la Calabria 138 “Gesti Concreti”, ossia imprese accompagnate alla costituzione, pari al 24% delle imprese accompagnate in tutta Italia. E centinaia migliaia sono gli studenti che hanno beneficiato di azioni di orientamento o sono stati coinvolti nei percorsi di animazione proposti dal “Progetto Policoro” nelle scuole; le 12 équipe diocesane (composte dai direttori Pastorale sociale e del lavoro, Caritas e Pastorale giovanile, insieme al tutor agli animatori e animatrici) hanno sviluppato progettazioni specifiche nelle singole diocesi. Il coordinamento regionale ha contribuito a seguire la formazione regionale degli animatori e ha incoraggiato l’avvio di iniziative che potessero dare forza al Progetto.

La fuga dalla Calabria per mancanza di lavoro coinvolge sempre più giovani. Il solo contributo della Chiesa è sufficiente ad arginare questo triste fenomeno?

Ovviamente no. Ma credo che la forza di “Policoro” stia proprio nel suo carattere intrinseco: essere promotore di percorsi e cammini sinodali, sia con soggetti che ruotano nel contesto ecclesiale sia con tutti quei soggetti che possono contribuire allo sviluppo di aziende, alla costituzione di start up, alla creazione di una cultura del lavoro che favorisca l’impegno diretto di giovani e meno giovani. Anche le Università sono state coinvolte in alcune esperienze del Progetto Policoro: durante la pandemia il Coordinamento regionale e gli animatori e animatrici di comunità hanno realizzato “Focus group” e “Interviste strutturate” sia da remoto che in presenza. Sono state la base di un lavoro di ricerca coordinato dal Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Unical, intitolato “La Calabria in cammino al tempo della pandemia. La ricerca di nuovi scenari condivisi per ricostruire legami di comunità e abitare la crisi con responsabilità” scaricabile dal sito: www.calabriaincammino.it.

Sono state al centro dell’ultima Settimana sociale dei Cattolici italiani. Quali sono le “buone prassi” più facilmente replicabili in Calabria?

La Calabria non deve replicare “buone prassi” di altre regioni: la Calabria è ricca di buone prassi in tutti i settori: molte sono già note ai più e caratterizzano il lavoro etico in questa regione cosi complicata e complessa. Altre devono essere scovate ancora scoperte e raccontate: anche per questo il gruppo di lavoro coordinato dal professor Leonardo Becchetti (“Next: Nuova Economia per Tutti”) prosegue il suo lavoro di supporto a tutte quelle realtà che volessero farsi conoscere ed emergere nel panorama delle buone prassi. Quest’anno, per esempio, il Festival dell’Economia civile che si tiene ogni anno a Firenze ha premiato, fra gli altri, il comune di Montegiordano in provincia di Cosenza come buona prassi fra le amministrazioni comunali. Possiamo però dire che la “buona prassi” per eccellenza che la Calabria deve rafforzare è la capacità di “mettersi in rete” e costituire gruppi di lavoro, consorzi, federazioni che favoriscano lo sviluppo di nuove aggregazioni produttive e di ricerca per l’implementazione di lavoro e formazione specifica.

Guardando al post covid, quale ricetta ha in mente per ripensare ad una ripartenza, in cui il mondo giovanile sia sempre più protagonista?

La delegazione calabrese presente alla Settimana sociale di Taranto, guidata da monsignor Maurizio Aloise, arcivescovo di Rossano Cariati quale delegato Cec per la Pastorale del Lavoro, è stata numerosa e proveniente da quasi tutte le diocesi: composta da direttori diocesani, animatori e animatrici di comunità del Progetto Policoro, membri delle consulte diocesane.


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Tutti i delegati, guidati dal vescovo, incontreranno la commissione regionale – di cui sono segretario-direttore – e insieme elaboreranno una proposta concreta per favorire l’avvio di percorsi diocesani e parrocchiali sulla scia delle proposte emerse a Taranto. I giovani saranno necessariamente i protagonisti e la ricetta che abbiamo in mente è proprio questa: avviare gruppi di lavoro che progettino “insieme” le tappe per la creazione di “comunità energetiche” e “gruppi di consumo etico e solidale” reali.

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