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Padre Severino Kyalondawa, nel festeggiare la Giornata dell'Africa che ricade proprio oggi 25 maggio, propone una riflessione sul Continente. La via dello sviluppo passa dal chiarire i reali intenti dei Paesi sviluppati che, negli ultimi decenni, stanno "usando" l'Africa per le loro mosse geopolitiche globali.
Il 25 maggio, appena apro la finestra, al mattino presto, giungono i vari saluti legati al giorno: World Africa day. L’immagine dell’Africa che ci è spesso stata tramandata erroneamente è, per la maggiore parte, negativa, quella di un continente in una stretta morsa della miseria provocata da conflitti, dai cambiamenti climatici, dalla malnutrizione, dalla corruzione e dall’emigrazione.
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Eppure la vera Africa non è bisognosa di beneficenza. Questo continente, oggi impoverito, se fosse davvero rispettato, non assomiglierebbe a un anziano in pericolo di morte, abbandonato dai familiari in fuga. L’Africa è simbolo di ingenuità e di generosità: ha dato tanto e continua a mantenere l’umanità. Ha dato inizio alla nostra storia comune e rimane uno spazio verso cui popoli, organizzazioni, imprese, aziende straniere, multinazionali e altro ritornano costantemente come presso una terra di conquista, per attingere le risorse materiali, culturali e spirituali necessarie alla loro crescita, creando purtroppo sui loro passi i nuovi problemi che attanagliano l’Africa oggi.
Se osserviamo il sistema finanziario mondiale, ci accorgiamo subito del gran paradosso: gli africani nel loro complesso restituiscono alle nazioni ricche, industrializzate e benestanti molto più di quanto queste presumano di dare a loro, a causa di una forte speculazione sulle ricchezze naturali del Continente. Più significativo ancora è lo scandalo sulla questione più importante del debito pubblico. Ogni prestito di denari ai paesi africani fa scatenare il fenomeno detto finanzializzazione del debito. Si tratta di un meccanismo opprimente di saccheggio spietato che lega il pagamento degli interessi alle speculazioni di borsa, una specie di trappola con entrata, ma senza uscita. Matematicamente, rispettando la tabella di marcia degli interessi, il beneficiario del prestito finanzializzato non sarà mai in grado di restituire i soldi ricevuti, perché il sistema impedisce nello stesso tempo l’esaurimento del pagamento del debito e l’agognato sviluppo.
Ancora oggi, l’Africa sta affrontando una penosa congiuntura: lo stato di conflitto, la costante penetrazione di cellule jihadiste, la crisi economica scatenata dal Covid-19, che ha innescato un meccanismo recessivo senza precedenti; la debolezza del sistema sanitario continentale, i cambiamenti climatici e soprattutto l’accanimento
della speculazione finanziaria internazionale, sulla maggiore parte del suo spazio, dalla Libia alla città del Capo. Ciononostante, l’Africa, ancora una volta non chiede beneficenza, ma rivendica il proprio riconoscimento, la propria dignità da parte del mondo. L’opera dei fondatori vale ancora oggi come una sfida. La questione sull’intangibilità dei confini rimane una sorta di principio, ma aperta, considerando i cambiamenti registrati con la nascita dell’Eritrea, del Sud-Sudan e altro. In mancanza dell’unità e del riconoscimento della dignità di questo Continente, esso non può raggiungere il suo sviluppo.
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L’Africa offrirà ancora delle sorprese buone. Ha bisogno davvero di una vera cooperazione perspicace, intelligente. Occorre dunque rimuovere certi pregiudizi comuni che appartengono al nostro immaginario. I maggiori investimenti oggi per garantire la pace nel continente africano sono quello di assicurare l’autonomia alimentare.
Tuttavia, la vera scommessa da fare, su cui bisogna puntare, è la società civile in fase di maturazione, quella sorta di galassia di associazioni, di movimenti, di gruppi, di realità ecclesiali, delle comunità cristiane, impegnati nell’affermare il diritto di cittadinanza.
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