Avvenire di Calabria

Passiamo all’altra riva, ecco il rischio del Vangelo

L’assemblea diocesana di giovedì scorso ha aperto l’anno pastorale chiedendo coraggio, il coraggio di attraversare

di Davide Imeneo

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La nuova lettera pastorale si pone come “seconda declinazione” del cammino iniziato con “Al passo di Gesù”

«Passiamo all’altra riva»: il verbo del Vangelo diventa bussola per una Chiesa concreta, quella di Reggio Calabria-Bova, chiamata dall’arcivescovo Fortunato Morrone a lasciare le secche della routine per rinvigorire il respiro della missione. L’assemblea diocesana di giovedì scorso ha aperto l’anno pastorale chiedendo coraggio, il coraggio di attraversare.

La nuova lettera pastorale si pone come “seconda declinazione” del cammino iniziato con “Al passo di Gesù”, quindi un passo in più in questo cammino. Se il primo tempo ha focalizzato il movimento che deve assumere il corpo ecclesiale — ascolto, sinodalità, avvio della visita pastorale, valorizzazione dei laici — il secondo definisce la direzione: oltre la riva delle abitudini, verso il largo delle scelte. Il riferimento a Marco 4, 35-41 richiama la barca nella notte, la tempesta che monta, il sonno di Gesù.



L’immagine, capace di parlare a credenti e cercatori, mette in fila i verbi fondamentali: salire insieme, sostenere la fatica, lasciarsi guidare da una Presenza. L’assemblea ha dato un nome ai cantieri che la Chiesa reggina è chiamata a impiantare. Primo: la rete. Quella delle zone pastorali, con commissioni che funzionino come laboratori di corresponsabilità. In un territorio complesso come il nostro, segnato da distanze fisiche e ferite sociali, la scelta di “fare rete” è teologica e sociale. Dice che nessuna parrocchia si salva da sola, e che l’unità è più di un calendario condiviso, dice che la prossimità va costruita, con la pazienza degli artigiani.

Secondo cantiere: la formazione. O la comunità cristiana investe seriamente nella crescita delle persone — adulti, famiglie, operatori, catechisti — oppure resterà prigioniera del «si è sempre fatto così». L’orientamento al modello catecumenale per l’iniziazione cristiana è la presa d’atto che la fede, oggi, domanda itinerari accompagnati, esperienze che coinvolgano la casa e la comunità, competenze bibliche e antropologiche. Le scuole già avviate e quelle rilanciate vanno sostenute con convinzione, perché l’intelligenza della fede non nasce dall’improvvisazione.


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Terzo cantiere: i giovani. La visita pastorale lo ha messo in luce con forza: nonostante lo spopolamento, c’è desiderio di “fare cose grandi”. Chiedono ascolto, fiducia, spazi di responsabilità reale. Non passerelle, non eventi usa-e-getta, ma percorsi in cui poter coltivare talenti, domande, creatività. Una Chiesa che attraversa la tempesta non si limita a trattenere chi sta per scendere; prova a consegnare il timone, o almeno a condividere l’itinerario. È un rischio? Sì. Ma è il rischio del Vangelo, quello che educa alla libertà e alla cura del bene comune.

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